giovedì 31 ottobre 2024

L'OSSESSIONE DEL DESIDERIO-

Tu sai perfettamente come compiacere un uomo ed io come fare lo stesso con una donna: che l’omologazione sia ancestrale o meno non ci tocca poiché sappiamo denudarci benissimo ugualmente. E mentiamo spudoratamente mentre lo facciamo. 
Voglio dirti una cosa: ci fu un tempo lunghissimo in cui mi piaceva molto essere amabile, sapevo ritrovarmi in un attimo ed ero estremamente determinato nel mio progetto seduttivo. Ah, quanto duravano le mie stagioni, le estati infinite a divorare il sole e la luce e quanta crudeltà c’era nello scivolare tra le pieghe della carne e sentirsi in armonia sempre, senza mai un ripensamento che non fosse una nuova strategia, un’onda nuova che mi portava in cresta a mostrarmi il tuo corpo nudo e acceso. Un giorno ti dirò come e quando mi accorsi del progetto infondato e dell’altra verità, più profonda, di quando mi accorsi che la condivisione non appartiene all’amore e quanto esso sia intimamente, visceralmente nostro. Indivisibile da noi stessi, solitario. 
Fu uno squarcio nell’orizzonte del mio equilibrio sentimentale e tutto il resto che ne discese fu una rivelazione dolorosa, perché analizzare prima e racchiudere poi in una consapevolezza totale chi sei e come sei non ti aiuta. L’ignoranza vera o presunta aiuta a vivere e a morire con sublime leggerezza. Non altro. Col tempo navigai sempre più lontano dalla costa fino a distinguere con sorpresa che c’era una sola cosa ad attrarmi del sesso: l’ossessione del desiderio. Ho imparato quindi a cercare e a trattenere il desiderio, a riconoscerlo quando l’ho addosso. Ma dura così poco: mi abbandona facilmente e mi lascia vuoto ad osservare gli altri agitarsi per comunicarmi il loro struggimento. Ma io non li sento, sono gusci vuoti, sprecano il loro tempo e non riescono a parlarmi. Cosa pensi sia la solitudine? E’ questa attesa fra uno sprazzo e l’altro, fra un errore e l’altro. 
Non è vero che sia il solo, l’unico sistema di confrontarsi col desiderio sessuale, ci sono persone che scelgono più o meno deliberatamente di amare sempre sé stessi in molte donne o uomini, di consumare compulsivamente il rapporto fisico, di mettere l’ennesima tacca sulla canna del fucile. Io attendo che il desiderio mi appartenga altrimenti è inutile, non voglio partecipare all’amore come ad un evento mirabolante in cui compari per dovere d’esistere. Scelgo con un’attenzione estrema e sottile perché lo so bene che chi seduce in fondo perde spazio e diventa prigioniero di sé stesso… e nonostante tutto mi annoio. Ho imparato da ragazzo a percepire l’artefatto, la malizia ed ho conosciuto un sentimento mondato da questi orpelli solo due volte nella mia vita. Me li tengo stretti al corpo quegli odori e quei momenti quando la seduzione si svolgeva in un canto libero e senza necessità di presentarsi in un modo piuttosto che in un altro. Non mi è restato altro, non vedo altro. Non avrò altro.

martedì 29 ottobre 2024

JOGGING

... Sto correndo, picciotti, sto scappando in avanti. Mi dissero che è pericoloso, molto. Non è che non si sa quello che trovi più avanti, si sa benissimo! Più in là c'è la mia fine, bella o brutta che importanza ha? Vorrei impegnarmi in quelle buone attività che farebbero di me una persona normale, un professionista adeguato ai tempi e non il clochard travestito che sono. 
Non ce la faccio, non è cosa mia: divago, mi perdo, mi incazzo e delle mille cose che sembrano interessare i miei simili a me invece non me ne frega una minchia. Per esempio tutto scivola a mare: poetico? No frana. Dissesto idrogeologico che ha già dato bella prova di sè, in mancanza di una normale prevenzione (leggi 60 anni di prevenzione) la terra se ne va al mare, in vacanza insomma. Ieri me ne stavo a passeggiare alla marina: si stava bene e, tutto ad un tratto, un pensiero acuto e totale mi ha preso i pochi neuroni rimastimi: non c'è niente da fare, è troppo tardi. Per me almeno e per i prossimi 20 anni...dopo, chissà. Intanto devo fare in fretta, devo vivere a modo mio questi giorni, devo scrivere in assoluta libertà e parlarvi d'amore e di eterno. Esistono sapete, non fate gli schizzinosi e mettete in pausa la vostra cultura auto analitica e i vostri surriscaldati genitali. Ridete e amate interrogatevi con quel minimo di pietà che solo può salvarvi; io mi sono dato una pena leggera. Salutiamo

domenica 27 ottobre 2024

CIAO DOMENICA -

Ciao domenica, perchè ti nascondi sempre dietro il sabato? Quando la finirai di prendermi in giro? Ci penso a volte che è tutto inutile e lo faccio ugualmente. Ci credo, sono talmente stupido da crederci nonostante tutto, così m’imbarco in questo rimasuglio di settimana, lo infarcisco di molte cose, una meglio dell’altra, sono appeso ad una musica che ho ascoltato da qualche parte. Dove non so, ma suona eh, suona in modo meraviglioso, diventa il mio pifferaio magico. 
Dovrei scrivere un post enorme altrimenti dove la metto la mia vita? Ho capito, ho capito, lascio un po’ di cose in giro, rimasugli di me, frammenti che spiegano e poi ti lasciano a mezzo, non dovrebbe essere così ma così è. Non sono più da nessuna parte; questa domenica che domani mi lascerà innamorato deluso si ripresenterà prima o poi. 
– Non mi dai un bacio? – Ti amo 
– Io no 
– Non importa, non importa mai. Accidenti, perchè non importa mai? 
– Mi hai. Mi hai avuta. Non mi avrai mai più. Nessuno mi avrà mai più 
– E’ la cosa più bella che tu mi abbia mai detto 
– Scrivila allora. 
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venerdì 25 ottobre 2024

ARCHETIPI -

Probabilmente sarà stata questa nuova stagione politica e sociale, quella che da anni ormai ci spinge verso un futuro che, in parti statisticamente uguali, alcuni vedono nera altri rosea. Sarà lei la madre del nostro malessere Io? Io la vedo ridicola e velenosa ma ci sto dentro: malamente ma dentro. 
C’è qualcosa che mi irrita e mi offende nel profondo nei discorsi che ascolto o che leggo in giro, anche sui blog; qualcosa che è un insieme di valutazioni etiche, storiche e ambientali sul meridione in genere e sulla mia isola in particolare. E’ come se seguissi il percorso di una verità che, pian piano, si diluisce e diventa menzogna: ma è difficile spiegarmi. Anzitutto l’isola non è un luogo soltanto “sfavorito”: anche ai tempi di Omero l’isola era una perfetta metafora dell’esistenza umana, il luogo perfetto per costruire una narrazione o una magia. Quante storie terribili di prigionie e carcerati sono da sempre legati all’isola? Quanti nascondigli e favolosi tesori sono da sempre nascosti in un’isola? Basta ripensare alla storia di quest’ultimo secolo: l’isola era l’ambiente, anche mentale, dove imporre lontananza sia ai criminali che agli oppositori di regime, qualunque esso fosse. 
E mi viene da ridere amaramente: il fascismo mandava i suoi oppositori al confino sulle isole, il nuovo stato repubblicano, nato dalle ceneri del ventennio, in fondo fa la stessa cosa per quelli che, nonostante tutto, si ostinavano a fare il loro dovere nella pubblica amministrazione: trasferiti in una delle due isole a dirigere il traffico! L’isola in ogni caso era ed è un luogo estremo abitato da gente estrema: vogliamo provare a rileggere questa condizione? Proviamo ad osservare l’isola da un punto di vista che non la veda solo come il luogo della morte civile prima, economica poi. Impresa difficile, forse impossibile, troppi concreti difetti, troppe situazioni di eclatante disagio. Voglio provare almeno a volgere il tutto in una dimensione culturale adeguata alla mia isola, la Sicilia, a ridarle con orgoglio il posto che le spetta al di là e al disopra delle farneticazioni leghiste. Comincio con alcuni versi di un confinato a Lipari (Eolie) negli anni trenta: Curzio Malaparte.


E sempre a questa solitaria riva Io vengo,
alba marina, ad incontrarti.
Svela un lieve chiarore a poco a poco, sparsi sull’arenoso lido
gli ossi di seppia e i pesci morti dai tondi occhi innocenti,
e le conchiglie dalle rosee labbra.
Già trema nei velati occhi amorosi L’azzurra alba lontana.
Il mar delle conchiglie ha voce umana.-

Non mi pare che tali versi esprimano solo tristezza; c’è malinconia, c’è apertura, c’è sogno, c’è vita nell’isola. Si avverte un abbraccio, una confidenza amicale che probabilmente altrove non avresti. E già argomentare di queste cose in questo modo mi fa sentire l’enorme lontananza dalle posizioni “continentali” che privilegiano altri aspetti e danno la mia terra come condannata ad una vita “inferiore”. 
Ma penso anche all’infinita letteratura dei siciliani, alla loro sintassi psicologica ed ideale e mi viene il dubbio che per noi essere isolani è un privilegio o, meglio, un’ambizione; che la vera isola è conficcata dentro la nostra testa e non combacia con la realtà geografica: i tre chilometri dello stretto di Messina. C’è conferma di questo giudizio negli scritti di alcuni intellettuali meridionali e no: l’insularità come autocompiacimento. 
Tomasi di Lampedusa nel “Gattopardo” – Non nego che alcuni siciliani trasportati fuori dall’isola possano riuscire a svagarsi: bisogna però farli partire molto, molto giovani; a vent’anni è già tardi, la crosta è fatta.
Verga in un saggio dedicato a Pirandello – Tutti i siciliani in fondo sono tristi, perché hanno tutti un senso tragico della vita e anche quasi una istintiva paura di essere oltre quel breve ambito del covo, ove si senton sicuri e si tengono appartati… avvertono con diffidenza il contrasto tra il loro animo chiuso e la natura intorno, aperta, chiara di sole… ma ci son quelli che evadono; quelli che passano non solo materialmente il mare ma che, bravando quell’istintiva paura, si tolgono ( o credono di togliersi ) da quel loro poco e profondo che li fa isole a sé, e vanno ambiziosi di vita ove una loro fantastica sensualità li porta.
Non potrei aggiungere altro ad una definizione così puntuale e profonda; voglio solo dire, oggi più di ieri, che del sud e della sua isola più grande questo paese non può fare a meno. L’effimero ci prende, ci possiede: la relatività ci permea da secoli…ve la regaliamo. E’ un dono prezioso e un punto di riferimento contro l’assolutismo continentale che tutto vorrebbe chiuso in “logiche di mercato”. Avrei voglia di dire altro ma rimanderò ad una prossima occasione il desiderio di raccontare altro della mia terra “metafora” dell’Europa come diceva Leonardo Sciascia.

martedì 22 ottobre 2024

TUTTO CON IL MIO TUTTO -

Cambierà qualcosa da stamattina? I colori e poi la grafica, le immagini forse…un gioco nuovo ma serio. Così serio da essere testimone di una chiusura definitiva e di un’improbabile inizio. 
Chi vorrà potrà leggermi qui o altrove: ho sempre avuto i miei dubbi sulla consistenza numerica dei miei lettori: non è una questione qualitativa (non ho alcun diritto per affrontarla) ma attiene alle caratteristiche proprie del Blog, alla sua voracità, ai suoi equilibri virtuali, e soprattutto ai suoi continui equivoci. Per certi versi lo stesso discorso si potrebbe fare sui luoghi della cosiddetta “democrazia virtuale” (Grillo docet) e sulla subdola e terribile menzogna che si cela dietro ad essa. Non so se cambierà qualcosa, non ho idea se il sottoscritto avrà ancora voglia di trastullarsi con i suoi vecchi post o si rimetterà in rete con scritti nuovi e contemporanei. 
Ma questa novità è reale? Ne siete convinti? Da come molti di voi ne scrivono sembrerebbe di no ma, dietro, fra le quinte di un blog o l’altro formicola la speranza di dire e fare sempre qualcosa di nuovo: bene fatemelo leggere! Uccidete la noia terribile dei partito preso, delle tendenze al ribasso, dell’ideologie concentrate, della cattiva letteratura o di quella tanto bella e perfetta da non poter essere buona. Per quanto mi riguarda la prova più pesante è stata per me spogliarmi dalle remore, anche culturali, e scrivere o riscrivere con quell’immediatezza che sola ti libera l’animo e la mente; sto ripubblicando tutto con il mio tutto, con il mio mondo e la mia generazione tra i denti, la vecchia e nuova Europa, quella che ho amato sui libri, la mia Patria inutile e vituperata. Il mio Sud trafitto dal sole e dall’oblio, la mia educazione sentimentale sempre a metà…la musica, le immagini e infine il sogno di cui nessuno potrà dire perchè resterà un segreto per sempre. 
Da molti anni a cicli, penso di aver compiuto una lunga traversata: i miei pensieri spettinati e costretti poi ad un educandato severo. Un supplizio! Scrivere è una liberazione, la mia: mi inchioda su un pensiero, mi addensa, finalmente, per un lungo e interminabile attimo è lei la mia padrona assoluta ed io il suo amante totale! Scrivere diventa la mia vita perenne, il senso definitivo che mi assolve dal peccato di fornicare coi giudizi altrui. E’ una mistificazione, ovviamente, un gioco degli specchi; nessuna traversata riesce ad allontanarmi dalla sensazione di colorati dejavù, il web è stracolmo di essi… così dopo aver scritto penso sempre che a queste righe non ne potranno seguire altre, che queste righe siano totali e intoccabili, sintesi perfetta della fine e del nuovo inizio: una clessidra e noi polvere là dentro. Questo mi uccide, questo è appunto l’ombra del silenzio per il quale non c’è descrizione possibile. Qui o altrove le sillabe separate le une dalle altre in una scansione crudele gridano il loro bisogno disperato di tornare alla loro unità originaria: perfetta e unica. Senza sbavature, senza una dimensione temporale definita, le parole e le cose si raggrumano nella realtà, nell’ indecifrabile perfezione dell’imperfetto, io lo guardo, lo respiro e lo scrivo. Non è un gesto triste o funereo è un divenire silenzioso che mi sgrava da un compito morale che non amo: in qualche altro posto sarà mattino o notte e qualcuno come me sta già scrivendo un’altra poesia. Altri tratti, altri amori… e a me pare consolante. 
La logica che mi ha guidato in tutti questi anni di blog e prima ancora non è così difficile da intendere: quando ho iniziato avevo già un buon patrimonio di scritti risalente a 30 e più anni prima, non ho dovuto far altro che adattarli al nuovo ambiente. Da lì, spinto da stimoli provenienti dalla vostra scrittura e dalle dinamiche che incontravo, sono poi nati i testi “nuovi”: il corpo principale di Omologazione è fatto quasi tutto così e, immagino, si noti chiaramente. Dal 2010 in poi sono state le nefandezze altrui e gli errori personali a influenzare progressivamente la mia, chiamiamola, produzione: il difficile rapporto con il mondo dei blog mi ha convinto a dire la mia su qualcosa che sentivo e sento ostile e sciocco e a costruire l’Arca che mi avrebbe traghettato fuori da questi mari e riportato alle acque che amo, quelle del cartaceo. Ho cucito tra loro un buon numero di post che a mio parere avevano un senso comune, l’idea era quello di un libro, ne ho fatto un blog particolare e l’ho pubblicato in rete. Idea fallimentare, non lo legge praticamente nessuno ma io lo amo molto. Il principio di legare in maniera diversa post tra loro non è poi molto diverso da quello di scomporli in testi molto più brevi e pubblicare gli uni e gli altri; c’è una forte componente ludica in tutto questo, in mancanza di essa sarei uscito molto prima dalla blogosfera inseguito dai denti di un malessere profondo. Da stamattina si scrive sul serio: senza assilli legati al dovere-necessità di rispondere ai commenti o presunti tali. Il mio tempo è a scadenza ravvicinata, scrivere sul serio me lo devo e ve lo devo. Forse qualche riga di me resterà ed io là dentro: mi chiamo Enzo e sono troppo vecchio per sciupare il tempo.