sabato 30 novembre 2024

UN GIORNO COME UN ALTRO

Sentirselo dire
Anche una sola volta
E precipitare dentro
Un’emozione che non immaginavi
possibile.
Sentirlo e ripeterselo
per il resto della vita
Senza un perché
Senza appigli
Senza niente altro
che questo sogno rivelato.
Scartare le parole
poiché nessuna si avvicina
a quelle
Girare lo sguardo attorno
E trovare solo l’eco
della prima volta.
Questo è un giorno come un altro.

giovedì 28 novembre 2024

CONSERVATORIO-

Ti ricordi di me, Pieralvise? 
Io non dimentico quella mattina di maggio quando mi accompagnasti dentro il conservatorio G. Verdi di Milano. Avrei dovuto farti io da guida per i tuoi occhi spenti…che sciocchezza, tu vedevi meglio di me ed eri nel tuo regno. Gli spazi erano grandi e severi, riflettevano il senso di un mondo a parte, come se, varcata la soglia, la città fosse sparita, rimasta indietro e sempre più lontana. Sale, corridoi, grandi porte e un sentore di legno diffuso ovunque; da punti indefiniti giungeva il suono di voci o di strumenti musicali. Io rivedevo i libri in braille di un’ora prima sulla tua scrivania, cercavo di capire come facessi a vedere il mondo attraverso le dita e la pelle…
La musica, quella non era un mistero per me, era una lingua immediata, la traduzione istantanea di un’emozione. Perfetta e per sempre: ma tu camminavi tranquillo volgendo lo sguardo che ti mancava attorno e mi dicevi cose che non avrei mai immaginato. Poi ti sedesti al piano e abbiamo parlato a lungo senza aprir bocca. Eri pieno di luce, il viso rivolto verso l’alto mentre le mani lunghissime e bianche sfioravano la tastiera. 
Sorridevi e la musica… Dio mio, la musica ci attraversò per sempre, bella come non l’ho mai più udita. Ma una volta può riempire un’intera esistenza. Una volta chiude parentesi che sospirano una fine dignitosa, completa il sogno in un attimo breve. E scompare lasciandoti solo la scia della nostra eternità.

martedì 26 novembre 2024

LA VIRTU' DEL PESCATORE -

La pazienza è la virtù specifica del pescatore, l’impazienza quella degli altri. Si getta la lenza da uno scoglio, in un punto dove solo il pescatore conosce bene il fondo. E si aspetta e l’attesa può durare anche molto tempo. Mentre passano le ore e le stagioni diventa naturale riflettere e ricordare; l’analisi può essere illuminante e definitiva in questi casi, comunque un punto di riferimento. Le decisioni sono sempre secondarie anche se prevedibili: spesso ho atteso fin oltre l’ultimo minuto accettabile, per affetto o paura del nuovo ignoto che mi attendeva. 
Quando il grosso pesce arriva è sempre una sorpresa, un insulto alle proprie capacità di preveggenza: lo aspetti sempre qualche minuto dopo… La stanza segreta è qui e adesso, è una storia iniziata molto tempo fa. E’ l’attimo in cui arrivi a quella comprensione che ti sfugge da sempre. E’ un legame profondo, irrinunciabile, uno scrivere e pensare da lontano con una vicinanza intellettuale rara. La stanza è un simulacro dell’illusione di poter condividere ma è anche la definitiva sconfitta di un sogno leggero e invidiabile. Era risaputo, era scontato che l’apertura della porta avrebbe portato con sé una sospensione infinita di questo spazio. La preda si libererà dall’amo con uno strattone e libererà finalmente anche me: un segno di affetto profondo. Io non ho rimpianti, stare qui mi è piaciuto davvero, condividere anche i disaccordi o le reprimende ancora di più. 
Ma vi sono cose che non è possibile raccontare, forse solo intuire. Non chiudo, resto qui così con tutti i miei orpelli in bell’ordine, commenti compresi, in una tensione infinita che è il solo segno di una vita diversa perché al fondo di tutto non sono un ladro ma solo un sognatore. Come tanti.

domenica 24 novembre 2024

UN DOMANI REGALATO AL CUORE


L’incomprensione ci isola
e ci umilia
non lascia di noi che la riga sottile che ci divide.
Le distanze misurate
urlate
temute
sono soltanto la nostra voluta
impotenza,
se ci regalassimo uno sguardo
uno solo
senza aggiunta alcuna
senza ieri ne oggi
e un domani regalato al cuore
antico di ciò che fummo.
Se la solitudine non giocasse così spesso
con noi.
Accorgersi di vivere è un attimo

venerdì 22 novembre 2024

UN COMPITO INFINITO -

La maggioranza dei blogger è di sesso femminile ed io senza possibilità di dubbio le prediligo: lo riconosco è una mia debolezza fastidiosa ma le blogger mi intrigano e non le capisco quasi mai. Se ci rifletto appare evidente che la colpa di quasi tutti i problemi in questi anni hanno origine in questa mia predilizione. 
Devo confessare che fu una donna, mia madre, a spingermi a scrivere fin da ragazzino... mi guardava di sottecchi e sorrideva, credo che di nascosto leggesse poi quel che scrivevo ma non ne parlava mai, almeno non direttamente. Attorno ai 14 anni mi disse che il potere di immaginazione che mettevo nello scrivere mi avrebbe rovinato (disse così) ma che non c'era nulla da fare, l'unica cosa era farlo diventare almeno un buon italiano, la poesia della vita avrebbe fatto il resto. 
A volte leggendo certi blog in rete l'immaginazione si sposa ai ricordi di ambienti dimenticati, non li frequento più dai tempi lontani delle mie prime fregole adolescenziali quando amavo eccitarmi coi sussurri e le risa trattenute delle amiche di mia madre. Non c'è una moda per un gineceo, il senso della donna è eterno, certe dinamiche mentali pure; in un certo modo un uomo è sempre al seguito e la sua prevaricazione ostinata nasconde una sconfitta. Non so perchè ma vorrei parlare d'amore, è il solo momento in cui possiamo incontrarci. Fuori da questa particolarissima condizione una donna è un animale a sangue freddo, lucida e attenta come un legale di vecchia esperienza; se non riesce a programmarti e non crede più alla possibilità di progettarti ex novo cessa di amarti. 
Ma non sono più completamente sicuro nemmeno di questo, credo che ci sia una strada alternativa, nascosta nel puzzle delle relazioni umane, una via che comprenda nel suo divenire la summa del desiderio femminile: essere compresa, presa e sorpresa. Un compito infinito.

mercoledì 20 novembre 2024

EMIGRANTE AL CONTRARIO -

Ridiscendere la penisola con un obiettivo diverso da quello del turista di lungo corso fu la nuova affascinante avventura che mi si parava davanti: un nuovo mondo e altre possibilità esistenziali, soprattutto l’occasione di non ripetere gli errori già fatti e non ripercorrere sentieri senza sbocco. Un’altra grande illusione con cui nutrire la mente: vi sono dentro tuttora. 
Non esistono vere novità oltre il limite temporale dell’adolescenza, esistono soltanto versioni rivedute e corrette di affermazioni sbilenche che non riescono più a trovare un senso e lo cercano convulsamente…sino allo sfinimento. Il sud e i suoi magici cieli erano già dentro di me, lo erano dalla mia infanzia, ho continuato in fondo la ricerca che mi competeva e l’ho fatto in un’isola. Il mare ha cullato i miei sogni di ragazzo, li ha fatti crescere e mi ha insegnato a guardarli con feroce tenerezza. L’uomo che scrive stasera a margine di un ennesimo nuovo anno non è così diverso dal bambino che uscì secoli fa da una scuola milanese, ha soltanto meno illusioni. 
Un’altra cosa importante ho imparato ritornando alle mie autentiche radici: ho imparato a guardare il mio tempo da prospettive diverse e a sentire il mio spirito come una persona vera. E’ qui che ho compreso cosa significhi la relatività delle cose. Ad essa ho demandato, purificandoli, i miei atteggiamenti meno seri. La politica, le ideologie, le passioni, le vittorie e le sconfitte, tutto quell’insieme di cose con cui pretendiamo di riempire i nostri giorni, prima allineate in ordine sparso sistemate poi sugli scaffali di una misura diversa e più antica, cambiano colore e importanza. Dovreste vederle mentre mentre pian piano scoloriscono fuori dalle feste di una nobiltà accessoria e vengono ridimensionate davanti al tribunale di un’aristocrazia che è culturale e mentale assieme. 
Il sud che vivo io è questo signori: quello che viene disprezzato e annichilito ogni giorno per un partito preso che guarda ad altri più miseri obiettivi. In questo sud si scrive e si pensa ad un mondo e ad un’Italia diversa, quella che avendo perso l’ultima occasione svanirà del tutto durante le celebrazioni del suo 150 mo anniversario. Ma il sud, la mia terra è ancora libertà perché guarda il mare e il mare è spazio, apertura e immaginazione: oltre un certo limite finisce il binario delle conversazioni precostruite ed inizia il tempo di una conoscenza diversa che usa gli schemi ma non si fa usare da essi. Mi viene facile e scontato dire che non sono stato compreso, è quasi ridicolo, ma questo mezzo di comunicazione, lo ripeto, si sta autodistruggendo per un fatto semplicissimo, lasciate che sia un siciliano a dirlo, per mancanza di cultura tout court, per aver preferito la semplice e veloce strada delle ricette prefabbricate e delle minchiate ad uso e consumo delle ideologie ( del sesso o della politica non ha importanza) delle piccole mediocri beghe tra blogger al confronto vero tra teste ed esperienze. 
Sinceramente mi pare incredibile che debba essere un siciliano del secolo scorso, cresciuto a educazione, misura e giacca e cravatta a ridicolizzare l’incredibile e volgare “galateo da rete” che di fatto si è impossessato della maggior parte dei blog. Adesso io sono pronto per altre avventure perché da un’isola ci si può sempre imbarcare per nuovi viaggi. Ma alla fine tornerò qua, appartengo a questa terra e al cielo che c’è sopra e non è una condizione spiacevole credetemi, anzi è una confortante certezza. Si nasce in modo stabilito ma poi la corsa è tutta da inventare. Sino alla fine.

lunedì 18 novembre 2024

VITTORINI - GLI ASTRATTI FURORI

Leggere e, in parte scrivere, è ancora l'unico modo per sfuggire alla fine. Me lo ripeto da un po', a volte ci credo anche ma so benissimo che si tratta di una magnifica illusione. “Ora il mio’libro io l’avevo, o pensavo di averlo, in Conversazione. Io non ho mai aspirato ai libri; aspiro al libro; scrivo perché credo in una verità da dire; e se torno a scrivere non è perché non mi accorga di altre verità che si possono aggiungere, e dire in più, dire inoltre, ma perché qualcosa che continua a mutare nella verità mi sembra esigere che non si smetta mai di ricominciare a dirla “
Questa era la presentazione, dell'autore stesso, di uno straordinario libro, Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. Ho già detto che vorrei usare il blog immaginando un'Italia diversa, che sa riconoscere il valore etico ed artistico di una regione e non si ferma alla banale acquisizione di un solo aspetto del problema. Certo nel libro di Vittorini la "conversazione" si fa lirismo assoluto e crudele: forse una sorta di liberazione e di volo sopra le sconfitte sociali e storiche di un paese in ginocchio (era il 1938-39). Io dico Vittorini ma è solo un cenno, ovviamente, non un accostamento a quel che scrivo io, ma vedo quella terra e la sento, percepisco il ritorno alla terra d’origine, sentita come necessità mitica. 
Vivo nella stessa situazione emozionale: trasfiguro il passato in presente e viceversa, attraverso la coscienza universale del dolore per il mondo offeso e resto inchiodato all'urgenza di gridare, tra fichidindia e montagne sperdute, la mia “piccola Sicilia ammonticchiata di nespoli e tegole”. Certo c'è sofferenza ed è meglio non parlarne troppo per non svilirla, ma essa attraversa la nostra mente... con la fame, le vecchie e nuove malattie. Soffre la madre Concetta, soffre il Gran Lombardo, portavoce di “nuovi alti doveri” che spettano agli uomini, soffre l’arrotino Calogero. E’ il dolore perenne del mondo che anima le pagine attraverso la suggestione di una parola che si fa poesia. E lì dentro al gran silenzio che resta vive solo la poesia e la cultura, uniche ali per redimersi.

sabato 16 novembre 2024

LA CAUSA VERA -

Vorrei dire “sembra incredibile” ma non posso perchè è credibilissimo. Sono in fase di sopravvivenza e l’ho affidata a questo spazio: no, non tutta ma in buona parte sì. Guardando fuori da qui verso il golfo aperto della mia città la cosa che mi viene più facile da pensare è un’estate infinita, stile vecchi tempi. Dilatata e sensuale ma lenta, lentissima, piena di me e della mia vita, dei miei segni e dei miei stupidi assiomi. E’ esattamente ciò che voglio, l’unica cosa che comprendo. Non è amore, è l’orgasmo che viene dopo e che nessuno vuole gestire perchè è meno romantico. 
Aspettare, è ciò che dovrei fare in questo periodo di presunte agonie e inevitabili condoglianze. Non so farlo, non nel modo tradizionale: io aspetto superando le mie emozioni per vederle da un’altra prospettiva. La causa vera è questa, avrà un senso finchè ci sarà la spinta mia personale e dentro le voci che ho iniziato a frequentare in rete. Ho un istinto maledetto e analitico che mi porta via e mi disperde in mille rivoli mentali e in mille attenzioni ineludibili: sembrano tutte fondamentali quasi che tralasciarle significhi, ipso facto, perderle per sempre. Non è così che va il mondo, a volte ritornano più vere e definite di prima, altre scompaiono nell’acqua indistinta dove non è possibile dare loro adeguata sepoltura. In questo caso aspetto: mi dico che ho ancora tempo davanti, lungo e aperto quanto quello già lasciato alle spalle.
Si vive di incredibili menzogne. Oppure si muore.

giovedì 14 novembre 2024

LENTIGGINI -

Non mi liberai ieri
dello scandalo d’esistere.
Non lo farò nemmeno oggi
preferendo la leggerezza di
pensare
ai giorni in cui pesavo
poco
e il viso avevo di lentiggini
pieno
come di papaveri in estate un
campo di grano.
Quel che fui mi trasfigura
ogni giorno,
quel che sono non riesce nemmeno
ad ingannarmi.

martedì 12 novembre 2024

VIA FESTA DEL PERDONO -

Ho frequentato le scuole inferiori che ero nell’Italia del primo 900: quella dei bambini ordinati in fila, con i grembiuli tutti uguali, gli occhi grandi spalancati sul futuro immediato. Sono entrato alle scuole superiori che erano trascorsi, in due anni, due secoli: i grembiuli strappati, i banchi ordinati in semicerchio, la carta dei libri usata per rollarsi spinelli, gli occhi a spillo a temere il futuro. 
Per un po’ di tempo ho cercato di capirci qualcosa, ho frugato nella spazzatura con l’idea di averci buttato dentro momenti indispensabili… non ho fatto in tempo, i bidoni li hanno portati via prima, si potrebbe dire senza dubbio che la mia è stata una generazione di “bidonati”; io stesso ho trascorso metà della mia esistenza a recuperare me stesso. 
Quando entrai al primo anno di ginnasio, il mio liceo milanese era bianco e il preside non salutava nessuno. L’aria era fredda al mattino e spesso odorava di nebbia, io semplicemente non ero, non ero niente di definito, Enzo era soltanto la sua inquietudine, il suo accento, il suo modo di parlare e scrivere. Anche allora demandavo all’esterno una versione riveduta e corretta del mio intimo, ma a ben vedere era un atteggiamento scontato, quasi obbligatorio direi. Io fui un giorno ormai lontano su un’altra sponda, ma ci stavo male, c’erano alcune cose che mi suonavano storte comunque le girassi. Finchè una sera lo dissi ed era un’assemblea studentesca e mi coprirono d’insulti e poi, fuori dall’aula, i democratici, i custodi della libertà mi riempirono di botte dandomi dello sporco fascista. Erano gli anni in cui “Uccidere un fascista non era un reato” e ora è trascorso molto tempo ma non basta. L’aria è la stessa: nei settori giovanili di questa società la violenza paga ancora e i ragazzi si fanno indottrinare bene per crocifiggere l’avversario ed annullarlo, tanto c’è sempre un valido e nobile motivo per farlo. Ho ancora negli occhi i giorni trascorsi in Via Festa del Perdono, una strada che fronteggia la facciata dell’università Statale di Milano; in pieno centro, a breve distanza da Piazza Duomo e dalla Galleria. 
Via Festa del Perdono è stata per 3 anni la mia casa, poi nel 1973 sono emigrato. E’ anche il luogo della nascita del mio sogno sociale più grande e del suo più feroce ridimensionamento.


Dimmi che non è stato poi
male,
non tanto, per noi che abbiamo
sconfessato le regole
del gioco.
Conficcami nel cuore il chiodo
del mio eskimo
fai che il mio sangue fluisca
al ritmo dei miei capelli che
ondeggiano lungo la
strada.
Giurami che averci provato
basta a ricordarci
che fummo vivi
e sbagliati.
Chiudimi gli occhi
apri il mio sguardo
al ghigno beffardo di
non esserci riusciti.
Io ben ricordo l’ideologia
Il bisturi affilato che
separò le scene della mia
vita
e tu dimmi che non è stato poi
male.

domenica 10 novembre 2024

TRAZZERE A MARE - S. Maria la Scala

Da qui, ad un paio di metri dall’acqua, i particolari si vedono bene. Cammino un po’, mi guardo in giro, il bar è aperto, la vecchia che ha il banchetto di frutta e verdura sta chiacchierando con una come lei: sottana grigia e sciarpona di lana grossa. Un caffè? Ma sì, me lo faccio anche se è il secondo della giornata, l’aria di mare mi ha svegliato del tutto. Queste lave a colonna sono proprio uno spettacolo… “un’immensa colata lavica che nel 1669 arrivò fino al mare e, raffreddandosi, diede origine a questa immensa muraglia alta anche 80 metri sull’acqua, le strutture di basalto lavico qui rappresentate sono uniche per forma e dimensioni per la loro peculiare disposizione colonnare…” Sarà, ma io non riesco a dimenticare la prima impressione: nero dentro l’azzurro e una particolare trasparenza cinestrina del mare, un colore grigio verde che sfuma in un rosa confetto là dove le alghe hanno dipinto il loro margine. 
Il caffè è buono, il tizio che me lo ha servito fuma distratto e le due vecchie, per strada, continuano le loro chiacchere: a S. Maria la Scala stamattina non c’è quasi nessuno e non si fa quasi niente. Perfetto. Riordinare i pensieri? Impossibile, troppa fatica e io sono pigro, molto pigro, al punto che vorrei che queste righe si scrivessero da sole e raccontassero di come la nostra vita è plasmata dal grembo naturale che ci accoglie dalla nascita, dai seni che ci allattano bambini, dal pane e dall’olio col pomodoro, dal profumo di basilico e dall’accento del dialetto che ascoltiamo quando ancora abbiamo strada davanti. Quattro passi fra il piccolo molo e gli scogli neri, una trazzera di’ mari da queste parti una creuza de ma’ mille chilometri più a nord… 
La musica e l’arte che sono amore e passione li fanno coagulare assieme, diventano il medesimo sentiero, la stessa placida prospettiva. Tutto questo non cambia una riga della mia vita, della mia pigrizia sostanziale; nel mio sud c’è un altro mezzogiorno, un altro alito tiepido da cui non riesco a staccarmi…nonostante la giacca e la cravatta. Nonostante la lingua italiana. Ho scritto, ho scritto di nuovo, la colpa è vostra blogger maledetti, teste pensanti variegate, sirene pronte ad assistere al prossimo naufragio.

venerdì 8 novembre 2024

IL MIO SPECCHIO -

Era il 1968 avevo 16 anni ed ero figlio di emigranti colti del sud, leggevo almeno 5 volte di più dei miei coetanei milanesi e, soprattutto, leggevo in modo diverso. 
La mia biblioteca era piena di classici italiani, francesi, inglesi, era anche zeppa delle edizioni tradotte di ciò che arrivava da oltre oceano. Nel 1968 io sognavo e vibravo ad occhi aperti e litigavo con un padre autoritario, onestissimo e fascista. 
Quando 12 anni fa aprii un blog guardavo il fardello dei miei 60 anni trascorsi tra l’infanzia nell’isola, il 68 adolescenziale e durissimo a Milano e la maturità fra le braccia e il cuore del sud; accidenti, mi dicevo senza modestia, è un tesoro inestinguibile. E cominciai a scrivere sul web. Io all’inizio non mi sono posto tanti problemi: uscire dal cammino solitario che mi è stato sempre caro e raccontare anche agli altri lo spirito che mi muoveva, questo fu all’inizio l’impulso vero e profondo. Credo che si capisse facilmente che mi muoveva una componente di liberatorio narcisismo unita ad una più che concreta coscienza(?!) certezza(?!), speranza(?!) d’aver qualcosa da dire. Ma un blog così fortemente autoreferenziale non può vivere a lungo, un blog così era l’esatto contrario del mio desiderio profondo di capire e farmi capire perchè io ho sempre scritto, per prima cosa, per me stesso: scrivere per me è sempre stato sfogliare un libro segreto ma personalissimo. Scrivere è dipanare, dirsi, capirsi, toccare l’essenza e gioire di una verità luminosa e istantanea. 
Lo penso ancora, il vero problema è trasmettere la luce, non svilirla, non addomesticarla tanto da cambiarne il vero profumo e per ottenere tutto questo bisogna avere il coraggio di restare soli. Mi rendo conto di quanto questo discorso sia oscuro (per alcuni forse offensivo), tra l’altro è molto facile passare per un assoluto e inguaribile arrogante, la luce, la verità…neanche fossi un novello messia! Eppure il senso, quel momento in cui, dopo una frase o un periodo, capisci che puoi dire a te stesso – Sì è così, esattamente così- quel momento esiste, per tutti, letterati o meno. Raccontarlo e mostrarlo quel momento è, secondo me, uno dei pochi modi per dirsi vivi e umani. Per farlo devi passare attraverso gli altri, devi aprire le porte e le finestre, devi prendere la tua creatura e offrirla “in pasto” al mondo che la cerca e che spesso non l’ama. 
Sono i commenti, il loro spirito, le altre vite e i loro inevitabili compromessi, sono gli altri bloggers la vita e la morte assieme di ciò che scriviamo. Non avevo messo nel giusto conto questo aspetto del problema, non avevo riflettuto sul serio sulla componente “sociale” e di condivisione che gli umani usano fra loro; poco alla volta mi sono reso conto che limavo, smussavo, persino non dicevo in certi casi, quando io ero da tutt’altra parte e di tutt’altra idea. Tanto disponibile ad ascoltare e così poco fermo nel farmi ascoltare. L’ideologia amici miei, la bestia che mi aveva divorato negli anni della giovinezza, il contrario dell’assoluto di cui parlavo prima, mi aveva riagguantato… ma dovrei dire ci aveva riagguantato. E nonostante la sintassi e la cultura, al fondo di tutto il senso di morte e solitudine non mi abbandonava mai: il mio blog con annessi e connessi era un magnifico de profundis ai miei anni e alle mie scelte. 
Sono trascorsi 8 anni, io torno qui, apro spesso i miei blog e me li riguardo pacato o acceso come certi momenti miei, rileggo, confronto e rifletto. C’è un fondo innegabile di malinconia ma essa è ormai un leit-motiv nella mia vita. Però la decisione presa resta per me ancora valida: del mio mondo e delle miei aspirazioni non c’è quasi più nulla nel paese dove vivo adesso ma questo non mi ha mai spinto ad ipotizzare esili più o meno assurdi, sono già sufficientemente alieno a me stesso. Queste pagine sono il mio specchio, riflettono un uomo che non si piace più a sufficienza ma non può rinnegare se stesso. La scrittura è una parte di me che non riesco più a far crescere come vorrei e che non mi aiuta più nell’interloquire con quelli di voi che stimo di più. Vi dico alcune cose, importanti non lo nego, ma non le dico tutte. Sono un vecchio borghese meridionale snob e demodè quanto basta per restare così: sospeso. Sembro non aver pace: ho lasciato decine di tracce e di resti in rete in tutti questi anni. Penso spesso che è impossibile commentare ciò che scrivo, mi domando quindi quale senso possa avere farlo in un contesto in cui l’interloquio è fondamentale. Qui scrivo solo per me, mi dico e un po’ mento, scrivo per lasciare un segno alle spalle dei miei giorni: non riesco a pensare a dei possibili commenti mentre lo faccio. Vi sono dei moti dell’animo che non hanno alcun senso comune, alcuna giustificazione e che, tuttavia, si palesano senza ritegno. 
E’ questo il motivo dei miei ritorni e delle mie assenze. Come il ritmo incessante dell’onda sul bagnasciuga. Dei luoghi che ho visitato ho piena la testa e i cuore, il mare avvicina e allontana a seconda dei casi. Ti avvolge e ti guarda: non sei tu ad osservarlo ma è lui che ti scruta e non puoi sfuggire al suo giudizio se ha voglia di dartelo. Ho riflettuto a lungo sulla mia vita e sui percorsi compiuti: ad un certo punto ho avuto la sensazione che il tempo si fosse dilatato e, con esso, anche le alternative possibili. Ma non è così, non può essere così, appena esci dalla rada devi confrontarti con la possibilità di una tempesta o di un uragano. Quello che riuscirò a scrivere sarà la cronaca di un sogno a mezzaria fra questa stagione e l’altra che ho intravisto dentro la luce di un tramonto. C’è una realtà che conosco bene: stare da soli può uccidere; può lasciarti svuotato come una buccia che si sostiene per caso finchè un colpo di vento più forte la fa cadere e ne mostra tutta l’intrinseca debolezza.

mercoledì 6 novembre 2024

LIRISMO PER ESPERIA -

Stavolta c'è stato addirittura il trasloco delle atmosfere: certe angosce vestile come vuoi ma sono identiche. Però chissà perchè c'è sempre qualcuno che le piazza lì come a dire le mie sono migliori delle tue. Oggi andare per blog mi ha immalinconito, per certi versi deluso. Oggi il piattume ha superato il limite e i varchi sono diventati più stretti: oggi il mio paese non mi è piaciuto nei modi e nella gente. Anzi non è il mio paese ma questo non significa nulla. 
Quando qualcuno si appropria anche della tua incazzatura vuol dire che siamo arrivati alla frutta, lo diceva Gaber (quanto mi manca) e lo diceva ad entrambi gli schieramenti. Sono stato più di mezzora al supermercato e mentre facevo la fila ho dato un ampia scorsa ai quotidiani, non mi è piaciuto neanche il Riformista e il Riformista mi piaceva molto. Non mi piace il giornalismo italiano. Noi sui blog se fossimo meno imbelli verso i target di riferimento potremmo fare sfracelli. Ma non puoi fare contenti tutti anche perchè dentro i tutti ci sono un bel numero di delinquenti, stronzi, mafiosi e profittatori. Quindi devi per forza fare del male ad una parte dei cittadini... ma se a prendersela in quel posto sono sempre i più deboli il gioco non va bene e questo è scontato. Mi stanno sulle palle i guru di destra e di sinistra, non sopporto Feltri come non ne posso più di Concita e Marco Travaglio- Guarda, anche mentre batto queste righe mi sale la nausea, se smetto o se continuo non cambia una nulla Smetto e mi dò alla poesia, al lirismo che vola sopra a tutto e a tutti.


Poesia di una
riga
scorciatoia per un paradiso
senza rate
posizione certa del mio vivere incerto.
Mi avvito senza fretta
e sono già dentro il
sogno
il cuore dentro e gli occhi fuori
a scrutare il fastidio
e la mancanza
le buone maniere e il mio definitivo
commiato.


La verità è che ho fatto un volo più breve di quello dei fratelli Wright e l'aereo si è sfasciato subito.

lunedì 4 novembre 2024

PRESENTAZIONE

Non è di alcuna utilità fingere una positività che non mi appartiene da tempo immemorabile o addirittura scriverne: non si deve mai scrivere prostituendosi alla necessità sociale del momento. 
Così mi rendo conto ogni giorno di più di quanto sia “naturale” e triste questa mia reiterata abitudine sintattica e concettuale, quanto sia limitante ma ineludibile il mio modo di scrivere…o riscrivere. Le pagine sono moltissime e variamente addobbate ma lo scrittore è unico! Ancora vi dirò che non riesco più a leggere gli altri con la serenità necessaria, fondamentalmente ne provo spesso fastidio; in certi casi carezzo in segreto le pagine dei miei amici di sempre e non riesco a capire il senso dei loro contatti in rete; mi sembra contradditorio, forzato, una concessione alla umana necessità di piacere e di farsi blandire ogni tanto. 
In questa incomprensione si trova tutta la mia distanza incolmabile fra il desiderio palese di continuare in modo nuovo e decente e la obiettiva incapacità di farlo. A mio parere abbiamo già detto tutto, quelli come me possono al massimo ripetersi, passando dal ridicolo all’agiografico o dallo storico appassionato all’incisivo sintetico; in pratica abbiamo fregato le nuove leve della scrittura virtuale e l’unica cosa che possiamo fare è sparire per dar loro l’illusione che ci sia veramente aria nuova in giro. Continuerò la mia strada pacatamente… oddio talvolta il deficiente di turno riesce a darmi una piacevole scossa di gossip virtuale, riesce persino a farmi incazzare come ai vecchi tempi. Ma dura poco, Mozart riprende tutto il suo spazio e io lo ascolto in silenzio scrivendo righe che nessuno di voi leggerà mai. In ogni caso il mio modo di essere nella sostanza non può cambiare, non a questa età e non con stimoli ordinari: ciò che scrivo riflette perfettamente e in toto me stesso. Altrimenti scompare che è poi il giusto destino del virtuale in senso lato: l’ho detto tempo fa, il virtuale non ci sopravviverà, il cartaceo in qualche caso sì, della memoria siamo gli unici custodi personali ed essa va dove solo noi possiamo coglierne il vero frutto. Quello non potrà mai diventare un articolo. 
Vi voglio bene almeno quanto non vi sopporti: la storia della mia vita è tutta lì. Non esiste via di mezzo, per rimanere vivo devo uscire dal guscio, aprirmi e aprire. Espormi e dovermi spesso ricredere sull’effettiva possibilità di comunicare. Il desiderio di vedere e conoscere le mille vite pulsanti dietro ogni nome si porta appresso anche l’accidia di restare deluso: è un rapporto di amore – odio.

sabato 2 novembre 2024

GEROGLIFICI -

Guarda i miei geroglifici, avverti il sapore della inutilità. Questa notte come le altre in fila ad attendere un'altra vita e un altro senso. 
Dopo aver scritto penso sempre che a queste righe non ne potranno seguire altre, che queste righe siano totali e intoccabili, sintesi perfetta della fine e del nuovo inizio: una clessidra e noi polvere là dentro. Questo mi uccide, questo è appunto l’ombra del silenzio per il quale non c’è descrizione possibile. Per distrarmi veramente dovrei riaprire i commenti senza la moderazione! Aria nuova e questioni vecchissime, sempre le stesse; potrei, oltre un certo limite, considerarle astrazioni anch’esse, di altra natura ma pur sempre metafisica dell’ignoranza, della maleducazione, della superficialità ma anche della contrapposizione ideologica, della complessità storica e sociale da cui nasce un’opinione. 
Metafisica “spicciola” dell’animale che domina il mondo, l’uomo. Ho provato a pensare di aver scritto ieri o l'altro ieri, poi mi sono perso nell'oggi. Ho ucciso il tempo ma esso mi insegue: questo è il suo epitaffio